La prima copertina presenta Karla Kaplun, fotografata a Città del Messico da Luis Corzo indossando Stone Island e occhiali Kuboraum. Nella conversazione con Caroline Elbaor, Kaplun discute di come la sua pratica artistica, teatrale e barocca, esplora memoria, potere e identità. Utilizzando l'opera Carmen come lente per analizzare come la femminilità e l'alterità siano demonizzate, Kaplun riflette sull'assimilazione culturale e le politiche del desiderio. Come afferma: "Sembra la storia del femminicidio in tutto il mondo: devo uccidere ciò che desideri."
Nella seconda copertina Daiga Grantina, fotografata da Benedict Brink nel suo studio di Souppes-sur-Loing mentre indossa Paloma Wool. In dialogo con Amy Jones, Grantina riflette sull'evoluzione della sua pratica scultorea attraverso tre mostre: dalla tentacolare “What Eats Around Itself” alla sobria “Temples” e alla torbida e metallica “Leaves”. Il suo processo si basa su intuizione, trasformazione e sul tempo come materia. Descrivendo il suo metodo come una spirale Grantina dice: "Quando senti il cuore restringersi lentamente, la spirale è uno spazio nel quale crescere." La metafora sottolinea la sua esplorazione di forme, emozioni e fragilità attraverso materiali mutevoli e gesti poetici.
La terza copertina è dedicata ad Alexandra Metcalf, ritratta da Oscar Foster-Kane a The Perimeter, Londra, con abiti di Steve O Smith. Il lavoro di Metcalf fonde teatralità gotica e critica femminista, esplorando follia, diagnosi e contenimento. Dipinti e sculture stratificati evocano una sorta di paralisi emotiva e l’oppressione sistemica attraverso figure spettrali, angoscia adolescenziale e riferimenti storici come la "rest cure". Tra artigianato femminile e tecnica maschile, il suo lavoro riflette su come crisi passate e presenti sfumano nel processo di cura. Come scrive Kyla McDonald, "il processo creativo è parte della narrazione", sottolineando la vulnerabilità di Metcalf come forma di resistenza e la creazione come catarsi.
In questo numero:
"The Familiar Strange", un saggio visivo di Phung-Tien Phan con introduzione di Ela Bittencourt; Bianca Stoppani riflette su come l’opera "Grumpy" di Sidsel Meineche Hansen, da una prospettiva femminista, sia una surrealista critica del controllo tecnocapitalista, del corpo frammentato e della visibilità di genere attraverso forme digitali grottesche;
Leo Cocar esplora come le ceramiche e le installazioni di Lyric Shen sfumino i confini tra immagine, superficie, memoria e materiali, rivelando una poetica dell'ambiguità radicata in metafore corporee e architettoniche;
Racheal Crowther e Ben Broome discutono di come la sua pratica installativa, incentrata su profumi, suoni, sorveglianza e ingegneria sensoriale, sveli strutture di potere nascoste;
In dialogo con Tosia Leniarska, Agnieszka Polska analizza l'uso di narrazioni mediatiche seducenti per criticare processi manipolativi, economie emotive e come la percezione e memoria siano sotto il dominio dell’'influenza tecnologica;
Infine, Eleanor Ivory Weber esamina la pratica scultorea di Olga Balema, dove la ripetizione laconica fonde materialità, contingenza e introspezione.
Per Critic Dispatch, P. Eldridge offre una viscerale meditazione sull'incarnazione trans e il grottesco come rivelazione, sfida e rottura sacra — dove la trasformazione diventa linguaggio, arte, resistenza e profezia di un futuro queer. Per The Curist, Fafaya Mogensen incontra Andreas Führer, fondatore di Institut Funder Bakke a Silkeborg; la rubrica Studio Scene presenta Sofia Defino Leiby con un testo di Gabriela Acha. "Unpack / Reveal / Unleash", curato da Margaret Kross, include Sophie Friedman-Pappas. Focus On esplora Zurigo, con Tibor Beilicky e Ellena Ehrl che ci guidano attraverso i principali progetti urbani della città.
Mettendo in dialogo voci emergenti e figure fondanti, il numero estivo non propone una genealogia lineare, ma traccia mutazioni, disallineamenti e contaminazioni estetiche. Il grottesco è per natura instabile: resiste a tassonomie e prospera nella contraddizione, dissolvendo confini netti, chiarezza del corpo e l’invariabilità del significato.
Questo numero non vuole definire il grottesco — lo lascia traboccare e filtrare attraverso le sue stesse crepe.
La rivista è in lingua inglese.
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La prima copertina presenta Karla Kaplun, fotografata a Città del Messico da Luis Corzo indossando Stone Island e occhiali Kuboraum. Nella conversazione con Caroline Elbaor, Kaplun discute di come la sua pratica artistica, teatrale e barocca, esplora memoria, potere e identità. Utilizzando l'opera Carmen come lente per analizzare come la femminilità e l'alterità siano demonizzate, Kaplun riflette sull'assimilazione culturale e le politiche del desiderio. Come afferma: "Sembra la storia del femminicidio in tutto il mondo: devo uccidere ciò che desideri."
Nella seconda copertina Daiga Grantina, fotografata da Benedict Brink nel suo studio di Souppes-sur-Loing mentre indossa Paloma Wool. In dialogo con Amy Jones, Grantina riflette sull'evoluzione della sua pratica scultorea attraverso tre mostre: dalla tentacolare “What Eats Around Itself” alla sobria “Temples” e alla torbida e metallica “Leaves”. Il suo processo si basa su intuizione, trasformazione e sul tempo come materia. Descrivendo il suo metodo come una spirale Grantina dice: "Quando senti il cuore restringersi lentamente, la spirale è uno spazio nel quale crescere." La metafora sottolinea la sua esplorazione di forme, emozioni e fragilità attraverso materiali mutevoli e gesti poetici.
La terza copertina è dedicata ad Alexandra Metcalf, ritratta da Oscar Foster-Kane a The Perimeter, Londra, con abiti di Steve O Smith. Il lavoro di Metcalf fonde teatralità gotica e critica femminista, esplorando follia, diagnosi e contenimento. Dipinti e sculture stratificati evocano una sorta di paralisi emotiva e l’oppressione sistemica attraverso figure spettrali, angoscia adolescenziale e riferimenti storici come la "rest cure". Tra artigianato femminile e tecnica maschile, il suo lavoro riflette su come crisi passate e presenti sfumano nel processo di cura. Come scrive Kyla McDonald, "il processo creativo è parte della narrazione", sottolineando la vulnerabilità di Metcalf come forma di resistenza e la creazione come catarsi.
In questo numero:
"The Familiar Strange", un saggio visivo di Phung-Tien Phan con introduzione di Ela Bittencourt; Bianca Stoppani riflette su come l’opera "Grumpy" di Sidsel Meineche Hansen, da una prospettiva femminista, sia una surrealista critica del controllo tecnocapitalista, del corpo frammentato e della visibilità di genere attraverso forme digitali grottesche;
Leo Cocar esplora come le ceramiche e le installazioni di Lyric Shen sfumino i confini tra immagine, superficie, memoria e materiali, rivelando una poetica dell'ambiguità radicata in metafore corporee e architettoniche;
Racheal Crowther e Ben Broome discutono di come la sua pratica installativa, incentrata su profumi, suoni, sorveglianza e ingegneria sensoriale, sveli strutture di potere nascoste;
In dialogo con Tosia Leniarska, Agnieszka Polska analizza l'uso di narrazioni mediatiche seducenti per criticare processi manipolativi, economie emotive e come la percezione e memoria siano sotto il dominio dell’'influenza tecnologica;
Infine, Eleanor Ivory Weber esamina la pratica scultorea di Olga Balema, dove la ripetizione laconica fonde materialità, contingenza e introspezione.
Per Critic Dispatch, P. Eldridge offre una viscerale meditazione sull'incarnazione trans e il grottesco come rivelazione, sfida e rottura sacra — dove la trasformazione diventa linguaggio, arte, resistenza e profezia di un futuro queer. Per The Curist, Fafaya Mogensen incontra Andreas Führer, fondatore di Institut Funder Bakke a Silkeborg; la rubrica Studio Scene presenta Sofia Defino Leiby con un testo di Gabriela Acha. "Unpack / Reveal / Unleash", curato da Margaret Kross, include Sophie Friedman-Pappas. Focus On esplora Zurigo, con Tibor Beilicky e Ellena Ehrl che ci guidano attraverso i principali progetti urbani della città.
Mettendo in dialogo voci emergenti e figure fondanti, il numero estivo non propone una genealogia lineare, ma traccia mutazioni, disallineamenti e contaminazioni estetiche. Il grottesco è per natura instabile: resiste a tassonomie e prospera nella contraddizione, dissolvendo confini netti, chiarezza del corpo e l’invariabilità del significato.
Questo numero non vuole definire il grottesco — lo lascia traboccare e filtrare attraverso le sue stesse crepe.
La rivista è in lingua inglese.
IN QUESTO NUMERO →
◯ Letter from the Editor ◯ Cover Story The Device of Eternal Motion. Karla Kaplun in Conversation with Caroline Elbaor photographed by Luis Corzo. ◯ Cover Story Fog Work. Daiga Grantina in Conversation with Amy Jones photographed by Benedict Brink. ◯ Cover Story Compose Yourself. Alexandra Metcalf by Kyla McDonald photographed by Oscar Foster-Kane ◯ Visual Essay The Familiar Strange by Phung-Tien Phan. Intro by Eli Bittencourt ◯ Focus On ZURICH: Peripheral Presence by Tibor Bielicky and Ellena Ehrl ◯ Never Let Go. Sidsel Meneiche Hansen by Bianca Stoppani ◯ UNPACK/ REVEAL/UNLEASH The Conditions that Shape. Sophie Friedman-Pappas by Margaret Kross ◯ Studio Scene In Medias Res. Sofia Defino Leiby by Gabriela Acha photographed by Avventuroso ◯ Membrane As Lager. Lyric Shen by Leo Cocar ◯ The Curist Institut Funder Bakke, Silkeborg Andreas Führer in Conversation with Fafaya Mogensen ◯ Critic Dispatch Performing the Grotesque by P. Eldridge ◯ ARCHIVE CECILY BROWN; KIKI SMITH; PIPILOTTI RIST ◯ Mean Time Between Fallure. Racheal Crowther in Conversation with Ben Broome ◯ New World Order. Agnieszka Polska in Conversation with Tosia Leniarska ◯ Loop: Substance and Circumstance. Olga Balema by Eleanor Ivory Weber