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#341 Ottobre – Novembre 2018

“Lo studio londinese di Enrico David, negli ultimi mesi, è osservato da alcune specifiche fotografie disperse nell’ambiente. Una recente ossessione, o affezione? Credo si tratti in realtà d’intolleranza; una generica irritazione cutanea che affligge non solo l’epidermide, ma anche la mente. Sono ritratti dementi o demenziali, catturati il più delle volte da uno scatto al televisore, o uno screenshot allo stesso schermo dell’iPad, per cui la rifrazione tra gli schermi gioca un ruolo inaspettato e produce bagliori, fuochi fatui, apparizioni”.

– Milovan Farronato

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“Lo studio londinese di Enrico David, negli ultimi mesi, è osservato da alcune specifiche fotografie disperse nell’ambiente. Una recente ossessione, o affezione? Credo si tratti in realtà d’intolleranza; una generica irritazione cutanea che affligge non solo l’epidermide, ma anche la mente. Sono ritratti dementi o demenziali, catturati il più delle volte da uno scatto al televisore, o uno screenshot allo stesso schermo dell’iPad, per cui la rifrazione tra gli schermi gioca un ruolo inaspettato e produce bagliori, fuochi fatui, apparizioni”.

– Milovan Farronato

In Primo Piano:
La trascendenza di forme, i ritratti fotografici, le trame tessute di Enrico David
  di Jonathan Miles, Milovan Farronato, Rita Selvaggio

Nelle sculture di Enrico David sono sempre ravvisabili i corpi, gli oggetti e le teste che le compongono, ma in esse, al contempo, vi traspare il carattere liminale che scaturisce da una tale composizione. Allungate, fatte a pezzi, abbandonate, schiacciate, messe in alto, fatte sporgere, sparpagliate, incorporate o irrigidite, questa serie di liminalità si sviluppano in maniera inevitabile”. 

– Jonathan Miles 

L’ago e il filo per David sono una forma di sopravvivenza ma anche di terapia. Tutte le volte che l’ago entra nella tela si ha l’impressione di riannodarsi a qualcosa, e il ricamo in quel momento diviene la forma di un linguaggio del ritorno, del radicamento, ma anche un linguaggio di famiglia. Figlio di una modellista che si dilettava a fare la sarta per hobby, fratello di una restauratrice tessile, l’idea del cucito nasce da una sorta disteria, irrazionale e imprevedibile. 

– Rita Selvaggio

Danilo Correale ripercorre la genesi del film Diranno che li ho uccisi io (2018) 
intervista di Gianluca Pulsoni 

Matilde Cassani presenta la sua visione di città contemporanea 
intervista di Claudio Piscopo 

Gaetano Cunsolo  
di Théo-Mario Coppola  

L’altro lato della storia. Minimalismo nell’opera di Rasheed Araeen 
di Luca Cerizza  

Antonio Della Guardia 
 
di Antonello Tolve 

In bilico:
Gli amanti del Volcano: 
Enrico Prampolini, Giovanni Anselmo, Salvatore Arancio 
di Flavia Frigeri  

News:
Luigi Fassi sulla direzione del MAN, Nuoro; M9, Mestre; Antonio Dalee Nogare su Fondazione Antonio Dalle Nogare, Bolzano; Gaia Di Lorenzo su CASTRO, Roma; Legale dell’arte. 

Letture:
Lo spettatore emancipato di Jacques Rancère (DeriveApprodi, Roma 2018) 

Incompiuto: La nascita di uno Stile di Alterazioni Video (Humboldt Books, Milano 2018) 

In memoria:
Antonio Dias (1944 – 2018) 
di Giancarlo Politi  

Recensioni:
Amnistia all’Accademia di Brera, Milano; Agostino Bonalumi a Palazzo Reale, Milano; Alessandro Carano da Castiglioni, Milano; Jannis Kounellis da C+N Canepaneri, Milano; Carla Accardi da Francesca Minini e Massimo Minini, Milano e Brescia; John Armleder al Museion e al MADRE, Bolzano e Napoli; Yorgos Sapountzis a Kunst Merano, Merano; Adriana Varejão da Victoria Miro, Venezia; Fabrizio Prevedello al Centro Pecci, Prato; Lee Kit a Casa Masaccio, San Giovanni Valdarno (AR); Emilio Isgrò a Casa Museo Osvaldo Licini, Monte Vidon Corrado (FM); Nico Vascellari al MAXXI, Roma; Margherita Moscardini alla Fondazione Pastificio Cerere, Roma; Maria Thereza Alves da Alfonso Artiaco, Napoli; La città provvisoria da Spazio Murat, Bari; Giovanni Iudice a Fondazione Brodbeck, Catania; Island da Montecristo Project, Sardegna.