“Perché noi portiamo il fuoco. I principi di trasformazione e ascensione all’interno dell’opera di Giorgio Andreotta Calò" di Martina Angelotti
“La complessità della natura e insieme dell’antropomorfismo, sono protagoniste di un immaginario che ci porta a riconoscere il nostro posto nell’universo e in modo più indiretto, a individuare la nostra responsabilità nei suoi confronti. L’attenzione di Andreotta Calò si rivolge intimamente più alle alchimie generate dagli elementi, che alla loro formalizzazione. Acqua, fuoco, terra, legno e metallo acquisiscono un ruolo fondante nel lavoro, proprio per il loro potenziale simbolico e generativo, conducendo spesso a un “prima” e a un “dopo” di un’esistenza”.
Leggi tutto
“Perché noi portiamo il fuoco. I principi di trasformazione e ascensione all’interno dell’opera di Giorgio Andreotta Calò" di Martina Angelotti
“La complessità della natura e insieme dell’antropomorfismo, sono protagoniste di un immaginario che ci porta a riconoscere il nostro posto nell’universo e in modo più indiretto, a individuare la nostra responsabilità nei suoi confronti. L’attenzione di Andreotta Calò si rivolge intimamente più alle alchimie generate dagli elementi, che alla loro formalizzazione. Acqua, fuoco, terra, legno e metallo acquisiscono un ruolo fondante nel lavoro, proprio per il loro potenziale simbolico e generativo, conducendo spesso a un “prima” e a un “dopo” di un’esistenza”.
In Primo Piano:
Un vuoto, una macchia, una caduta
Otobong Nkanga in dialogo con Emanuele Guidi
La pittura è una storia italiana
Prima che la pittura ritorni: 1959–1979
di Laura Cherubini e Andrea Viliani
Attivare qualcosa che ancora non esiste
Una conversazione tra Anna Scalfi Eghenter e Pierluigi Sacco
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto
Breve rapporto sulla pratica di Ludovica Carbotta tra corpo e fictioning
di Bernardo Follini
Margherita Raso
di Bianca Stoppani
Bruno Munari
Testi di Alberto Munari, Marco Meneguzzo, Marcello Francolini
“Mio padre camminava sempre veloce, tanto che – soprattutto quando ero bambino – era difficile stargli al passo. Veloce nell’azione così come nel pensiero, non era però un uomo frettoloso. Anzi: spesso criticava quella smània dei tempi moderni che spinge adulti e bambini a mangiare in fretta, a giocare in fretta, a studiare in fretta, a guadagnare in fretta, a vivere in fretta, per poi morire di colpo”.
– Alberto Munari
“È indubbio che Bruno Munari possa essere definito ‘campione della post-modernità’. La sua fiducia nel progetto e nella possibilità di risolvere i conflitti sociali attraverso la cooperazione costruttiva tra le classi, così come la certezza che la formazione e la didattica esercitate virtuosamente sin dalla prima infanzia possano determinare lo sviluppo coerente e felice della vita, ne fanno il perfetto esempio dei valori della modernità nella sua interezza”.
– Marco Meneguzzo
“Munari non è semplicemente uscito dalla cornice, è semmai uscito dal significato stesso di opera. E l’opera di Munari è il mezzo con cui dialoga con ciò che ha attorno, sia essa natura, fisica, materia, esperienza, storia, tempo; una comunicazione che pone in opera la realtà”.
– Marcello Francolini
In memoria:
Alessandro Mendini
di Aldo Cibic
Massimo Minini
di Italo Rota
Milton Gendel
di Eloisa Morra
Recensioni:
Biennale de l’Image en Mouvement al Centre d’Art Contemporain, Ginevra; Luigi Ontani da Massimo De Carlo, Milano; Domenico Mangano & Marieke van Rooy da Francesco Pantaleone, Milano; Alfredo Aceto all’Istituto Svizzero, Milano; Roberto Fassone da FANTA, Milano; Keren Cytter da Museion, Bolzano; Il disegno politico italiano da A plus A, Venezia; Ryts Monet da Michela Rizzo, Venezia; Vanessa Billy da galleria Gentili, Firenze; Soggetto Nomade al Centro Pecci, Prato; Alberto Burri da Vistamare, Pescara; Conversation Piece | Part V da Fondazione Memmo, Roma; say ahh… da Indipendenza, Roma; Caragh Thuring da Thomas Dane, Napoli; Juan Uslé da Alfonso Artiaco, Napoli; Forme uniche nella continuità dello spazio da RizzutoGallery, Palermo.